Chi non vorrebbe poter cacciare le pernici trovandone in buon numero? Tutti! Purtroppo, molto probabilmente ora la situazione non lo consente.
Se si esce in campagna e si valutano gli incontri, la situazione non sembra proprio rosea; quali i motivi?
Molti puntano il dito contro cornacchie e altri predatori come volpi, gatti agresti, cinghiali (almeno limitatamente alla competizione per il cibo e alla razzia delle uova); altri includono la carenza di cibo, quindi di coltivazioni di grano a perdere, infine vi è chi reclama o suggerisce il lancio di nuove pernici di allevamento.
Talvolta, a complicare le cose ci si mette anche la natura: siccità, temporali nel periodo meno opportuno o situazioni particolari (e forse sconosciute) che inibiscono la cova o la rovinano; a questo proposito, nella stagione 2008/2009 era stato riscontrato un bassissimo numero di pernici, pochissimi giovani esemplari e da varie zone della Sardegna erano giunte richieste di chiusura anticipata della caccia alla nobile stanziale (cosa era accaduto?).
Altre volte ci si mette pure l’uomo con gli incendi: non solo toglie terreno utile ai cacciatori, ma è pure probabile che mieta vittime, in particolare tra le pernici più giovani.
Tutte queste considerazioni sono certamente condivisibili, ma tra i fattori che incidono negativamente sulla pernice vi è da aggiungere anche la pressione venatoria animata da intenti egoistici: «se non le ammazzo io, le ammazza qualcun altro!» o da cacciatori troppo cedevoli alla tentazione di sparare su una brigata levata fuori dai periodi consentiti.
Gli animali selvatici o rinselvatichiti catturano anche le pernici, ma lo fanno per cibarsi e sopravvivere, e tutto questo rientra nella naturale normalità; ma quando è l’uomo a comportarsi in maniera distruttiva verso la materia prima della sua passione, allora il suo comportamento diventa innaturale, egoistico e manifestamente ignorante.
Il peso che può avere il fucile sulle popolazioni di pernici è notevole: diversi territori, un tempo banditi alla caccia e destinati a zone di ripopolamento e cattura, ospitavano le prove di lavoro per cani da ferma (e le pernici presenti nelle oasi erano davvero numerose); poi sono state riaperte alle doppiette e in due stagioni i terreni sono stati “svuotati” del nostro preziosissimo selvatico.
Onde evitare fraintendimenti, sia chiaro, chi scrive è cacciatore e favorevole alla caccia alla pernice, purché però sia fatta con il massimo rispetto.
Tra le soluzioni prospettate dai cacciatori, la più quotata è senz’altro l’abbattimento delle cornacchie e delle volpi, ritenute numericamente eccessive e anche forti predatrici; il ragionamento non fa una piega!
Ma se esistono avranno pure una funzione nella catena alimentare della natura, e allora si devono avere le idee chiare su quante se ne possono abbattere e quante possono convivere in equilibrio con il resto dei selvatici (d’altronde, ogni scelta comporta sempre una conseguenza).
I cinghiali hanno una grandissima vitalità, tanta resistenza, notevole adattabilità nell’alimentazione e nessun predatore (per lo meno una volta adulti), tranne il cacciatore ed eventuali epidemie mortali; in ogni caso, la caccia aiuta senz’altro a tenerli sotto controllo, tranne in alcune zone dove i cinghiali costituiscono una piaga per tutti.
I gatti e i cani randagi esistono, ma non per colpa loro; la soluzione del problema spetterebbe alla pubblica amministrazione, ma se non è stato affrontato e risolto in passato, oggi la crisi economica fa senz’altro scivolare la questione in secondo piano.
L’alimentazione della pernice con le coltivazioni a perdere?
Da ignorante in materia, tra tutte credo sia la soluzione più efficace e intelligente per aiutare la pernice!
Come ogni selvatico, anche la pernice sarda è guidata dall’istinto di sopravvivenza, per cui se si rende conto di poter avere nutrizione sufficiente per sé e per la covata, allora si riproduce; al contrario, se l’alimentazione è scarsa, tende a non riprodursi.
I lanci di pernici di allevamento? Tutti li reclamano (magari pure a ragione), ma forse sarebbe preferibile incentivare la riproduzione naturale di quelle già esistenti: a differenza delle zone libere, se le lamentele più forti sulla scomparsa delle pernici proviene dalle autogestite (dove sono stati sempre fatti i lanci), può essere che le pernici lanciate in passato abbiano danneggiato e non aiutato le selvatiche?
La risposta ai tecnici faunistici!
In conclusione, sulle pernici ci sono tanti interrogativi, molte proposte e diverse soluzioni fa da te; questo scritto vuole introdurre un’analisi più specifica e ampia sull’argomento, che dia risposte tecnico-scientifiche e quindi attendibili sulla corretta gestione della pernice sarda..
Di Stefano Belloi