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Diffidare del dogo venduto sul web

Qualche segugio ha fiutato l’affare e lanciato l’esca dal web. L’oggetto del desiderio si chiama dogo sardo, alias cane sardo antico, ma conosciuto anche come cane di Bonorva, di Arzana, alano di Urzulei, cane di Gavoi (il paese che ha conservato il maggior numero di esemplari) o dogo sardesco. Tanti nomi per una bestia a rischio tarocco. Cuccioli lanosi, tigrati o fulvi vengono spacciati su social network e siti di e-commerce per dogo “da intenditori”. Merce per allocchi a prezzi da truffa, affari d’oro per mercanti di animali.

La buona notizia è che sparsi tra Ogliastra, Nuorese Marghine e Baronia ci sono persone che i cuccioli non li vendono, al massimo li affidano, ad amici e persone serie, con curriculum da appassionati doc. L’idea è quella di poter seguire i piccoli dogo nel percorso di crescita e selezionarli come riproduttori. Il gruppo ha deciso di costituire un consorzio no profit per la valorizzazione e la tutela del dogo sardo. Un singolare esperimento di dogocrazia. Unico fine dichiarato dall’associazione è preservare la coerenza fenotipica del cane, nella speranza che prima o poi i vertici del mondo canino appongano il sigillo di qualità su un faticoso lavoro di ricerca. Quello che manca anche al più famoso dei cani isolani, il pastore fonnese.

«Il nostro scopo – spiega Vincenzo Pusceddu, 54 anni, assistente forestale di Orosei – è capire chi ha in mano dei soggetti validi. Bisogna lavorare sul fenotipo per valorizzarlo attraverso un lavoro di recupero dei soggetti migliori, senza rinunciare alle caratteristiche di rusticità e funzionalità del cane». Il problema è rappresentato dagli incroci alla cieca, esperimenti per enfatizzare particolari aspetti del carattere (ad esempio l’aggressività) fino a snaturare i tratti salienti. Per ovviare a questo inconveniente si pensa ad una rete di microallevamenti in stretto contatto tra loro, ognuno con alcune fattrici. Organizzare gli incroci per tutelare le caratteristiche base, mettere in rete esperienze e ricerche. Questo e altro.

Cresciuti negli ovili, selezionati in base alle esigenze. Sangue mischiato, spesso male. Quel che è giunto fino ai giorni nostri è un cane con caratteristiche singolari: un molosso leggero agile e resistente, forte e dal morso notevole. Il suo passato è nebuloso e sono vaghe le teorie sulle origini, che si perdono tra scarsità di notizie e diverse scuole di pensiero. Guardia del bestiame, caccia, cane da guerra. Ci sono dipinti che lo ritraggono cacciatore di cinghiali e cervi. Esperti riconoscono il cane sardo antico in una foto sbiadita scattata sulla banchina del porto di Cagliari: 1912 la Brigata Sassari partiva per la Libia. Quali cani di oggi sono eredi di quei valorosi mastini? Le schiere cinofile si dividono tra partito del fonnese e il movimento pro dogo. In realtà è probabile che in quel gruppo di mastini da battaglia vi fossero antenati di entrambi i cani del terzo millennio. Il poeta nuorese Sebastiano Satta nel canto Cani da battaglia (per la guerra libica) parla di cani arrivati da tutta l’isola: Sardi mastini di gran possa, voci Nell’ombra formidabili, mastini, di quel buon sangue antico, che gli atroci Padri aizzarono contro i legionari. Alani d’Orzulè, barbaricini doghi cogitabondi sanguinari: Cani di Fonni, vigili sui monti, deserti al passo dei rapinatori… .

Il dogo sardo giunto fino ai giorni nostri oggi è alto dai 56 ai 68 centimetri, pesa fino a 45 chili, ha la testa massiccia, gli occhi ambra, un pelo medio corto, grosso, quasi cinghialesco, con un accenno di baffi. Il mantello è tigrato, fulvo in varie tonalità. Torace robusto e muscolatura potente. Rustico e massiccio, voce profonda. A prima vista non certo un tenerone da divano, ma descritta come bestia affidabile ed equilibrata.

Sergio Contini, 41 anni, di Macomer, educatore ed esperto di pet terapy, studia il dogo da vent’anni. «Abbiamo identificato un buon numero di soggetti validi. È un cane polivalente, da guardia, da gregge, equilibrato, selezionato per soppravvivere in condizioni disastrose. Oggi è minacciato dalla moda, perché fare una razza è più facile che riscopire un cane antico. Questo è il rischio. La strada invece è molto più ardua. Bisogna avere il coraggio e pazienza. Niente scorciatoie».

Non serve essere esperti per rendersi conto che osservando diversi esemplari si possono notare differenze anche molto marcate tra i vari soggetti. «È dovuto al fatto – riflette ancora Contini – che alcuni provengono da generazioni di selezione accurata che ha privilegiati l’accoppiamento tra i soggetti più tipici, ed altri dal cosiddetto allevamento “rurale”, il genotipo è comunque lo stesso».

Ignazio Mura, 53 anni, cagliaritano di Villagrande, ha una passione ventennale per i cani. «Bisogna capire chi ha in mano dei soggetti validi piuttosto che tarocchi, recuperare i soggetti migliori, senza rinunciare alle caratteristiche di rusticità e funzionalità del cane».

L’associazione per la tutela del Dogo sardo è aperta a tutti. «Senza preclusione e gelosia, siamo appassionati, non commercianti», assicurano i fondatori. Non si sa se questo esperimento di “dogocrazia” andrà a buon fine. I cani hanno comunque un prezzo e la passione da sola non basta.

Notizie e informazioni sul cane sardo antico, la sua storia e l’associazione si possono trovare all’indirizzo www.dogosardo.it.

SIMONE LOI

L’Unione Sarda

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