Il Wwf e la cattiva gestione del cervo sardo – Ars Venandi

Il Wwf e la cattiva gestione del cervo sardo

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Il Wwf e la cattiva gestione del cervo sardo

La riserva WWF di Monte Arcosu è nata nel 1984 grazie al contributo economico di migliaia di semplici cittadini, associazioni, CRAL, Panda Club, e della C.E.E. che attraverso le loro donazioni hanno permesso l’acquisto di 3.600 ettari di territorio. L’Oasi nacque principalmente per salvaguardare l’esigua colonia di cervi che all’epoca subiva un prelievo indiscriminato ad opera dei bracconieri. Nel corso degli anni grazie ad importanti interventi finalizzati alla gestione dell’area (custodia, approvvigionamento di acqua, campagne anti-bracconaggio) il cervo sardo presente a Monte Arcosu ha incrementato notevolmente la sua popolazione su indici numerici. “Oggi la popolazione di cervi presenti nell’Oasi è stimata in 1.365 cervi su una superficie di 3.600 ha, più i territori ad essa limitrofi (2.200 ha circa) per un totale di 5.800 ha. L’andamento della popolazione di Cervo sardo nell’area censita è risultato essere in crescendo dal 1989 (215 cervi) al 2004 (1.015 cervi) per poi subire un calo nel 2005 (920 cervi), una leggera ripresa nel 2006 e nel 2007 (995 cervi), una ulteriore discesa nel 2008 (970 cervi) e una risalita consistente nel 2009 (1.220 cervi) e nel 2010 (1.365 cervi). L’analisi della densità dei cervi su Kmq evidenzia che la popolazione di Cervo sardo risulta maggiormente concentrata nei settori di “Guttureddu” (D= 29,5) e di “Sa Canna” (D= 27,5), le aree più interne all’Oasi WWF, mentre risulta meno concentrata nei settori di “Gutturu Mannu” (D=12,5) e di “Camboni” (D= 19,5), che si trovano ai confini della riserva.” (FONTE: WWF ITALIA, Dott.ssa biologa Patrizia Cuccu – settembre 2010). Recentemente il WWF Italia ha espresso profonda soddisfazione per l’incremento della popolazione di cervi presenti nell’Oasi e ha auspicato un ulteriore aumento del numero degli animali. A Monte Arcosu il cervo ha raggiunto densità elevate con punte di 29,5 cervi a chilometro quadrato. Ma un chilometro quadrato di territorio ricoperto da macchia mediterranea quanti cervi può ospitare? In merito la letteratura scientifica si esprime univocamente indicando parametri ben precisi e condivisi in tutta Europa. “Per evitare il danneggiamento degli habitat selvicolturali, le densità massime dovrebbero essere contenute entro i 5-6 individui/km2. Superata una data soglia di densità, le popolazioni possono sfuggire al controllo, con conseguenze devastanti per gli ambienti agricoli e forestali (FONTE: Prigioni et al., 2001).” “Il valore di 29, 9 cervi per chilometro quadrato è da considerarsi alto rispetto alle densità agro-forestali consigliate. In Germania una densità agro-forestale di 1,5-2,5 cervi per km2 è considerata economicamente tollerabile, quindi un valore molto inferiore al nostro. (FONTE: ANDREA MURGIA, FRANCESCA COCCO, CARLO MURGIA, ANNA MARIA DEIANA Dipartimento di Biologia Animale ed Ecologia dell’Università di Cagliari – 2005)” Una elevata densità di cervi è da considerarsi nociva per l’ambiente naturale, per le coltivazioni agricole, per la sicurezza stradale e per i cervi stessi. I danni causati dal pascolo sulla vegetazione forestale e su quella agricola rappresentano uno dei principali problemi legati alla specie, il cervo è in grado di cibarsi di tutte le colture agricole e ai danni diretti causati dalla brucatura si sommano quelli provocati dal calpestamento. Il bosco subisce seri danni alla rinnovazione forestale e con il passare del tempo modifica la propria struttura e composizione a vantaggio delle specie meno appetite (poche) e di quelle che meglio resistono alla brucatura. Con l’aumento della densità di animali si riducono conseguentemente le disponibilità trofiche che l’ambiente può generare. I cervi si indeboliscono e si espongono maggiormente a patologie batteriche, virali e parassitarie. Nel 2002, sul versante ovest di Monte Arcosu furono rinvenute diverse carcasse di cervi, morti a causa di una patologia virale. “La conferma arriva anche dal direttore di Monte Arcosu, Carlo Murgia. «La popolazione è aumentata ma l’areale è sempre lo stesso. Per questa zona sono ormai troppi nel Sulcis e nei Sette Fratelli. La settimana prossima ne porteremo una decina di esemplari a Sorgono, ma bisogna far partire il progetto di trasferimento». Perché oltre alla siccità terribile che quest’anno ha creato e continua a creare gravissimi problemi alla vegetazione e dunque agli animali come i cervi che se ne cibano, un aumento così considerevole sta evidentemente provocando un altrettanto grave contagio tra gli esemplari più deboli. Una patologia terribile che sembra aver fatto strage di ungulati.” (FONTE: Unione Sarda 7 gennaio 2002) Non è per niente raro ritrovare cervi morti soprattutto in aree a forte densità. Recentemente nell’Oasi di Monte Arcosu sono stati ritrovati 10 esemplari di cervo morti a causa di un’infezione zoonosica causata da borrelia burgdorferi. La storia insegna. È giusto menzionare l’epidemia di rogna sarcoptica che nel 1976 e nel 1995 ha drasticamente ridotto la popolazione di stambecchi presenti nelle Alpi centro orientali. Tale patologia è comparsa in Italia nel 1949 nelle Alpi Carniche e nel Tarvisiano. In Sardegna il rischio di importanti epidemie che potenzialmente potrebbero riportare il cervo nella linea rossa delle specie in via di estinzione è tutt’altro che remoto. Esistono varie strategie di gestione finalizzate alla tutela e alla conservazione di determinate popolazioni di ungulati. Una di queste, la più efficace sotto il profilo economico e pratico, è la caccia di selezione. In seguito a censimenti su scala regionale si potrebbe studiare un mirato piano di prelievo al fine di contenere e salvaguardare il nostro cervo. Un metodo alternativo ed efficace è quello di riportare la densità di cervi a livelli ottimali spostando gli esemplari in eccesso (evitando di creare squlibri nella dinamica di popolazione) in aree vocate nella quale il cervo è assente. Tale metodo consentirebbe di riportare il cervo in tutti quegli areali nei quali era storicamente presente e che oggi conservano le caratteristiche ottimali per poterlo nuovamente ospitare. Se in un tempo non troppo lontano il WWF deciderà finalmente di adottare una di queste soluzioni potremmo tirare un sospiro di sollievo sulle sorti del cervo a Monte Arcosu. Ma se così non fosse continuerò a sostenere che il WWF non è in grado di gestire questa preziosa entità animale. Marco Loi – Ars Venandi Sardegna

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