I segugi di Paolo Chessa – Ars Venandi
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I segugi di Paolo Chessa

Classe 1938, sulle spalle quaranta anni di selezione del segugio italiano, titolare di affisso da 30. I suoi segugi hanno un chiodo fisso, la lepre.

Il suo è un allevamento che non fa grandi numeri, solo qualche cucciolata all’anno, ma la serietà e la passione che lo contraddistingue, ci fa capire che uomo abbiamo davanti, un cacciatore da cui prendere esempio sia per la grandissima esperienza acquisita nel corso degli anni, sia per l’approccio estremamente sportivo nei confronti del selvatico.

“Mi diverto più durante tutto l’anno che nelle giornate di caccia, a me piace farla correre la lepre, mi piace osservare il lavoro dei cani, e dopo tante fatiche, vedere una muta affiatata è veramente uno spettacolo.”

Il segugio italiano è ritenuto dai più esperti il migliore in assoluto sulla lepre e non è un puro caso.

L’Italia, infatti, è il paese dove più intensamente si pratica la caccia a questo selvatico col cane da seguita.

In Francia esistono trentadue razze di segugi, ma pochi sono quelli usati per l’orecchiona, la maggioranza trovano impiego per la selvaggina maggiore.

Inoltre il clima mediterraneo del nostro paese e in particolare della nostra Isola, rendendo più ardua l’olfattazzione, richiede l’uso di un cane particolare, di grande temperamento, ambientato per elezione e selezione, condizioni che le altre razze estere non hanno.

Per superare, quando è possibile, le nostre difficoltà sull’usta occorre un soggetto di grande determinazione nell’applicazione, capace di sfruttare quel poco che la giornata pone a disposizione del suo olfatto.

In altri termini un grande attaccatore della traccia, e in questo il nostro cane è insuperabile.

I segugisti sardi conoscono bene il problema e quando la tanto amata pioggia non arriva, la partita con la lepre diventa un gioco veramente difficile.

Poco dopo il sorgere del sole, la lieve emanazione rilasciata dalla lepre durante la pastura notturna, diventa man mano più impercettibile e le difficoltà aumentano col passare dei minuti.

Ma le difficoltà maggiori sono rappresentante dalla cattiva gestione di questo fantastico selvatico.

Paolo da anni cerca di sensibilizzare i colleghi cacciatori ma ormai sembra aver perso ogni speranza. “Senza gestione non si va avanti, dobbiamo ripopolare, fare delle coltivazioni a perdere e denunciare i bracconieri durante le ore notturne riescono a sparare le lepri ai bordi della strada”.

Paolo, cosa consigli a un giovane cacciatore che vuole avvicinarsi al mondo dei segugi?

“Bè innanzitutto bisogna cercare un cucciolo da un allevatore serio, possibilmente conosciuto, cercare una linea di sangue selezionata per la lepre, e dedicare tantissimo tempo all’addestramento, il cane soprattutto nella fase iniziale ha bisogno di incontrare il selvatico, costantemente.

E poi bisogna avere tanta pazienza, i risultati possono arrivare anche dopo tre anni, ci vuole tanta esperienza per capire e risolvere i trabocchetti messi in atto dalla lepre.

Consiglio di non portare mai una muta di cuccioloni assieme, il cane ha bisogno di fare esperienza da solo e il canettiere deve capire quali sono le doti migliori.

Successivamente la muta sarà costruita con soggetti maturi ognuno con la propria personalità e quindi con la propria specializzazione.

Ci vuole passione e costanza, senza di queste i risultati non saranno mai positivi, non dimentichiamoci che la caccia alla lepre è in assoluto la più difficile per il segugio, e la lepre non è il cinghiale!”

Paolo, per concludere come dovrebbe essere il lavoro del segugio italiano su lepre?

“Il nostro segugio non deve essere troppo veloce, deve pensare e il suo tartufo deve toccare terra. Alzare il muso e correre a vista, anche per qualche metro, può voler dire perdere la traccia, e con la lepre, si sa, non sono ammessi errori”.

Veri specialisti come Paolo ce ne sono ben pochi in giro.

La lepre può essere cacciata in diversi modi, a volte con un dispendio di energie e di risorse nettamente inferiore.

Possedere una muta di segugi che può cacciare per quattro mezze giornate all’anno scoraggia parecchie persone, ma le emozioni che riserva questa specialità valgono realmente tutti i sacrifici che la caccia alla lepre comporta.

 

di Marco Loi

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