Le origini del coltello sardo – Seconda parte – Ars Venandi

Le origini del coltello sardo – Seconda parte

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Le origini del coltello sardo – Seconda parte

Un foggia antica del Maestro Silvano Usai


Il coltello che meglio rappresenta gli influssi dei Popoli passati nella nostra isola è sicuramente quello denominato “Foggia Antica”. Interessanti esemplari, conservati presso il museo Sanna di Sassari, riportano nella lama la mezzaluna e nel manico la testa del cane, simboli Arabo-Spagnoli.
Nel giro di pochi decenni l’uso di questo coltello si diffonde tra i Signori dell’epoca perché realizzato con materiali nobili e da capaci artigiani. Come coltello da lavoro adatto per tutti gli usi, con piccole varianti fra i paesi, si consolida invece il Pattada o, come qualcuno preferisce, la Lussurgesa. Questi coltelli venivano realizzati nei paesi, in particolare S, Lussurgiu, Pattada, Dorgali, Gonnosfanadiga e Quartu S. Elena. Proprio in quest’ultima città, due fratelli realizzarono alcuni coltelli per partecipare a Torino nel 1886 alla prima mostra internazionale sull’artigianato regionale.
Questi coltelli possono ancora essere apprezzati presso il Museo di Torino, ove è possibile leggete sulle lame l’incisione “Viva Vittorio Emanuele Re d’Itala”.

Dorgalesa di Tatanu Spanu, foto di Antonio Lentini


Il governo Crispi ed in seguito il governo di Giolitti imposero leggi sempre più restrittive sulla produzione, grandezza, presenza di punta, porto e uso del coltello.
Gli artigiani locali, per certi versi assai resistenti alle norme nazionali, continuarono a produrre sia il Foggia Antica- dato che gli acquirenti non mancavano- sia la Pattadesa; le altre regioni dovettero modificare la linea dei coltelli per renderli compatibili con la legislazione vigente.
Coloro che ricordano gli affilatori girovaghi, che di paese in paese, vicinato per vicinato, riprendevano il tagliente di coltelli, forbici e altri utensili da taglio ricorderà anche che queste persone non erano locali ma provenivano da Frosolone e soprattutto da Scarperia; non potendo esercitare la millenaria professione nel Paese di origine viaggiavano come ambulanti per poter continuare a svolgere la sola professione che conoscevano. Il periodo è quello successivo alla grande guerra.
Negli anni cinquanta questi artigiani tornarono nei Paesi di origine e ripresero la vecchia professione, non solo di affilatori ma anche di costruttori di coltelli.

Scarperia, il paese dei coltelli


Gli affilatori, durante la loro permanenza in Sardegna, rimasero particolarmente colpiti dalla Pattadesa ed iniziarono essi stessi a produrla in quantità tali da poter essere commercializzata, non solo nelle regioni del centro- nord ma anche in Sardegna. Negli anni cinquanta in sardegna ha inizio l’industrializzazione. Si sviluppano raffinerie, l’industria chimica e metallurgica, si producono leghe leggere come l’alluminio. A seguito di questo processo, le produzioni tipiche e locali vengono fortemente trascurate, i coltelli vengono marchiati con il logo del costruttore e i nomi dati a questi coltelli dalle aziende di Scarperia erano di fantasia: Original Pattada, Inox Pattada, Conaz pattada. In seguito, dagli anni ottanta e fino a oggi i nomi prevalentemente utilizzati sono Arburesa, Guspinesa, Pilus Arbus ed altri ancora.

Arburesa di Francesco Pusceddu, foto di Antonio Lentini

Accade purtroppo anche attualmente che artigiani sardi ricevano coltelli costruiti altrove ma timbrati con il proprio nome.
Per fortuna sono comunque presenti in Sardegna artigiani di valore internazionale che mantengono alto il settore della coltelleria Regionale; sperimentano nuovi modelli e materiali innovativi e si rivolgono verso una clientela competente ma di nicchia, numericamente molto ridotta.
Molti artigiani locali sono diffidenti nei confronti del progresso ed in certi casi osteggiano il passaggio alla produzione semi meccanizzata o interamente meccanizzata del coltello; eppure è questa la strada da seguire. In caso contrario la possibilità di crescere sia in qualità che in posti di lavoro risulta molto ridotta a causa delle produzioni industriali esterne alla nostra isola che invadono il mercato locale.

Di Silvano Usai

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