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Impariamo davvero a difenderci?

Vi propongo una chiacchierata come farebbero degli amici di fronte a un buon caffè, ma con una regola precisa: ci diremo sempre la verità!

Discuteremo dei percorsi di formazione della difesa con le armi da fuoco e non sarà un discorso semplice, eppure affronteremo la disamina con onestà intellettuale e conoscenza dell’argomento trattato. Per farlo è necessario “parlare la stessa lingua” e sapere quali sono le realtà italiane del tiro e facciamolo in modo semplice, considerando le tre “grandi strade” che può percorrere chi utilizza un’arma. Sono le strade del tiro Operativo, di quello Sportivo e del Difensivo.

Sarà fondamentale conoscere queste strade e capire da chi sono percorse, quale scopo hanno e quali tecniche di tiro e obbiettivi ha ognuna di esse. Consideriamole simili, spesso con incroci in cui si incontrano, ma tutte con una destinazione diversa.

Cos’è il tiro Operativo-Tattico? Sono tattiche e tecniche utilizzate da unità organiche (anche dette Team) militari e di polizia inseriti in impieghi e contesti operativi. Gli addestramenti di tiro Operativo vengono programmati rispettando degli standard definiti S.O.P. – Standard Operating Procedure di livello nazionale o internazionale. Le unità di impiego sono composte da un minimo di due fino a più operatori, dotati di armi lunghe e corte ed equipaggiati con accessori (protezioni balistiche, sistemi di comunicazione radio, visori notturni e tanto altro) specifici per l’assolvimento di un compito. L’azione di tiro è solo una delle numerose attività svolte dal personale del Team che opera in totale sinergia per garantire la sopravvivenza reciproca e l’assolvimento del compito su persone, obbiettivi, o entrambe le cose.

Cos’è il tiro sportivo? Sono tecniche e valutazioni tattiche che migliorano le performance di un atleta in una competizione sportiva statica o dinamica, utilizzando armi sportive o comuni. Lo scopo del tiro sportivo è fare sport, migliorando la propria capacità tecnica e la posizione in una classifica di gara.

Cos’è il tiro difensivo? Sono tattiche e tecniche di utilizzo di un’arma, attuate per aumentare le probabilità di sopravvivenza di un essere umano coinvolto in un’aggressione letale, perpetrata da esseri umani.

Dobbiamo ribadire tre concetti fondamentali:

1. Tutto ciò che è operativo riguarda uno scenario di più operatori che utilizzano anche le armi per l’assolvimento di un compito, e non lo fanno assolutamente per uso sportivo.

2. Tutto ciò che è sportivo non riguarda l’utilizzo di un’arma per la difesa personale, né per l’impiego operativo.

3. Tutto ciò che è difensivo non riguarda l’utilizzo di un’arma per l’uso sportivo, né per l’impiego operativo.

Quando si incrociano le strade? Spesso si incrociano, ma comunque ognuna ha una sua direzione chiara e definita. Per intenderci, è noto che alcuni Enti Governativi osservano, studiano ed inseriscono degli esercizi di tiro Dinamico Sportivo nel processo istruttivo del personale che verrà addestrato al tiro Operativo. Questo perché dal tiro sportivo colgono alcune tecniche e degli strumenti che gli atleti perfezionano e migliorano, nell’esasperata ricerca di migliorare le performance. Quindi dopo essere state adattate alle esigenze, alcune particolarità possono essere usate nella formazione del tiro Operativo e in quello difensivo. Ne sono un esempio le tecniche di impugnatura e quelle del tiro in movimento, o la recente introduzione dei sistemi optoelettronici delle armi corte nelle produzioni di serie (per citarne qualcuna la Glock M.O.S. – Modular Optic System e la Beretta APX RDO – Red Dot Optics), che dagli anni 90 venivano utilizzati esclusivamente nel Tiro Pratico Sportivo e ora invece, con le migliorie tecnologiche degli ultimi anni, stanno diventando un elemento disponibile anche per le armi corte ad uso Operativo e Difensivo.

Il mondo “giusto” e il mondo “vero” Per concederci di continuare a “parlare la stessa lingua” dobbiamo aggiungere due punti fondamentali a questa chiacchierata estremamente complessa.

Il mondo giusto è quello che si crea nello stage di tiro dove ci vestiamo da team six pronti all’irruzione e affrontiamo orde di bersagli con forme più o meno credibili, ma che hanno un problema fondamentale: non si difendono, non sparano, non sono cattivi e contro di loro vinciamo sempre! Giusto per continuare a parlarci chiaro, è un po’ come se decidessimo di praticare la Boxe e dopo tanti anni di allenamenti passati ad affrontare solo il sacco appeso alla catena, ci preparassimo al nostro primo incontro per il “titolo mondiale”. Cosa succederà quando saliremo sul ring e il sacco non sarà più qualcosa, ma improvvisamente sarà qualcuno che ci colpirà e sarà tremendamente violento e cattivo? Accadrà che il mondo giusto costruito su ragionamenti, sulle valutazioni dei video, sulle considerazioni meramente statistiche nate dalle diatribe nei social passando da programmi di allenamento perfetti che ci consentono, dopo una capriola, di colpire una mosca a cento metri, ecco proprio adesso il mondo giusto si frantumerà nel mondo vero. Esattamente lì e in quel momento, ci troveremo contro qualcuno e non più contro qualcosa. E questo qualcuno è vero e ci vuole fare del male. Ci vuole fare molto male.

Nel mondo vero i bersagli sono armati, ragionano e sparano. Non ci sono troppe regole, non ci sono angoli di sicurezza né timer, non ci sono punteggi migliorabili, non c’è un range officer né un arbitro e non è possibile smettere e riprovarci. Nel mondo vero sopravvivi o no, e questo lo deciderà la tua preparazione e la fortuna. Più ti allenerai al mondo vero e più la fortuna aumenterà. Tutto qui!

Qual’è la soluzione se vogliamo difenderci? La “Soluzione”, una assoluta e vera, semplicemente non esiste perché se esistesse la utilizzeremo da anni. Esistono comunque delle soluzioni e tra quelle più semplici e gestibili possiamo citare le prime tre:

1. Avere le idee chiare sulle quattro grandi regole di sicurezza e tenerle sempre in primo piano in tutto ciò che si fa con un’arma in mano.

2. Tatuarci nella mente che “il miglior scontro a fuoco che potremmo affrontare, sarà quello che abbiamo evitato”.

3. Alleniamoci sempre, facciamo tanti corsi e continuiamo ad esercitarci partendo dalle basi per poi progredire gradualmente inserendo costantemente il force on force (abbr. FOF), lo scontro “uomo contro uomo” utilizzando strumenti idonei come i marcatori da Paintball alimentati a CO², come la Umarex “WALTHER T4E PPQ” che hanno la forma e il ciclo funzionale identiche alle armi vere e usano munizioni marcanti o in gomma calibro .43 o .68. Solo cosi potremo applicare ciò che abbiamo imparato contro qualcuno e non più contro qualcosa.

I corsi proposti in Italia sono utili per imparare a difenderci? Sì, se vengono scelti con cautela, perché per motivi semplici e spesso banali, non vogliamo analizzare davvero le lacune che celano alcuni corsi. Ricordiamoci che un allenamento o un corso che ci possa preparare a sostenere uno scontro a fuoco, riproducendo la condizione emotiva che si crea in una situazione che metta in pericolo una vita, NON ESISTE! Neanche grazie a quei personaggi che riescono a ricreare con qualche scenografia accattivante, un vero e proprio teatro operativo con fumogeni e relativo conflitto a fuoco. Un po’ come dire di poter ricostruire l’oceano in un bicchiere d’acqua. Il grosso problema non sono i millantatori che propongono questi corsi poiché storicamente questi personaggi esistono ed esisteranno sempre, ma piuttosto siamo noi utenti che abbiamo il dovere di informarci su chi insegna e cosa ci propone d’imparare.

Quindi quali scegliere?

I corsi sul tiro Difensivo che sceglieremo devono avere un obbiettivo chiaro e sopratutto credibile, quindi eviteremo gli “spara con tutto” dove in poche ore utilizzeremo shotgun, carabina tattica e addirittura armi con ottiche di precisione per il tiro sniper con cui ingaggeremo bersagli fino a 1.000 yards; tutte belle esperienze che però ci insegneranno solo a fare abbastanza male tutto e non serviranno ad insegnarci granché sulla difesa.

Se stiamo iniziando sceglieremo un corso per le tecniche da arma corta o per quelle sull’arma lunga. Solo dopo aver partecipato ad entrambi e aver assimilato e fatto nostre le tecniche, potremmo passare allo step successivo, unire le cose e progredire su livelli di apprendimento più impegnativi. Nondimeno eviteremo i corsi “imparerai tutto e subito”, infatti o è un corso per la difesa abitativa o è per il tiro notturno.

Scartiamo i corsi che vorrebbero insegnarci il “CQB” in un week-end, perché il Close Quarter Battle sono procedure di combattimento in un ambiente urbano come stanze, scalinate e corridoi. Sono tecniche di tiro operativo che possono essere apprese solo dopo mesi e mesi di durissimo allenamento con il proprio team.

Quindi a meno ché non lo facciamo esclusivamente con l’intento di divertirci, un corso Operativo così complesso appagherà il nostro ego da “guerriero a tempo perso”, ma non servirà per imparare a difenderci.

Ora guardiamo quell’unico attestato che abbiamo appeso al muro tanti anni fa, così da convincerci di avere le conoscenze necessarie a saperci difendere, perché in fondo ci da sicurezza crederlo ma invece, sotto sotto, sappiamo bene che non è così. Non siamo pronti a difenderci perché facciamo un’ottima sequenza di estrazione e tiro su un piatto posto a 50 metri, in meno di un secondo.

Togliamocelo dalla testa, non siamo pronti perché nel mondo vero contro una minaccia a quella distanza, prima di sparare avremmo dovuto cercare di allontanarci verso un riparo consistente. Non siamo pronti a difenderci perché abbiamo partecipato a tutti i corsi di tiro Operativo, indossando vestiti tecnici dalla testa ai piedi, imparando a gestire una buffetteria completa di tutto con carabina tattica dotata di un eccellente optoelettronico e arma corta di backup, correndo tra fumogeni, filo spinato e sacchetti a terra.

Ma nel mondo vero siamo agenti delle Forze dell’Ordine che lavorano in mezzo alla gente vestendo in uniforme con giacca e cravatta, con fondine inadeguate, accessori anacronistici e l’amministrazione ci ha dato una pistola con un solo caricatore. 3 No, non siamo pronti se non accettiamo il mondo vero e non incominciamo ad allenarci vestiti come viviamo, imparando a guardare, valutare e gestire le situazioni con soluzioni reali, perché non saremo mai pronti se nei corsi continuiamo solo a creare il mondo giusto, immaginando questo, emulando quello, simulando tutto! Non siamo pronti a collaborare in un Team, nemmeno in una coppia di operatori, perché operare in un Team è una forma mentis che non si impara in alcune ore di corso. Togliamocelo dalla testa.

Quindi, dopo esserci detti la verità, continuiamo a sorseggiare un caffè e a parlarne serenamente: quel corso “SPECIAL xXx” ci ha sicuramente insegnato qualcosa, utile o inutile, e molto probabilmente ci siamo anche divertirti. Ebbene questa che stiamo per confessarci sarà una verità che farà male a qualcuno, ma che dobbiamo dirci perché abbiamo deciso di farlo onestamente fin dall’inizio. Beh, quel corso ci ha venduto un’esperienza, tutto qui! E dopo quel corso comunque non abbiamo “il verbo”, tantomeno “la soluzione” e non abbiamo una licenza che ci innalzi a nulla, ma abbiamo solo ed esclusivamente acquistato un’esperienza che deve permetterci di allenarci con nuove capacità, perché la chiave per imparare a difenderci è solo questa: allenarci costantemente, in sicurezza e con buoni istruttori che ci permettano di migliorarci continuamente.

La realtà del mondo vero è questa:

Nel freddo buio, dove i predatori attendono in agguato, non interessa a nessuno quanto estraete velocemente, né che punteggio riuscite a fare e nemmeno il numero di certificati che avete raccolto. (Gabe Suarez)

Finito il corso facciamoci due semplici domande e senza imbrogliarci, proviamo a rispondere a questi punti chiari e imprescindibili:

1. Ora ho solide basi (nozioni chiare, semplici e certe) sulla sicurezza e sulle tecniche spiegate? Se riesco ad avere concetti chiari e semplici, posso gestirli in sicurezza. Le “quattro grandi regole” devono essere assimilate dall’allievo, che evolverà nell’apprendimento mostrando di averle sempre in primo piano. È dovere dell’istruttore ribadire ogni concetto di sicurezza prima della spiegazione di tutte le novità, didattiche e tecniche, che sta proponendo agli allievi e deve farlo in modo chiaro, semplice e senza intoppi. Anni fa, durante un corso di tiro operativo, nacque la diatriba sulla direzione della volata delle armi durante i movimenti. Il proprietario del campo (un campione di tiro sportivo) imponeva la regola della volata sempre verso il parapalle, mentre l’Istruttore di tiro operativo imponeva la valutazione del contesto e l’individuazione di una direzione sicura, perché nel mondo vero non ci sono parapalle. Il primo periodo passò sulle disquisizioni tra i due, e chi pagò il prezzo più alto furono gli allievi. Inibiti dalla confusione creata, arrivarono la settimana dopo a fare un allenamento mostrando il prodotto ottenuto dalla disputa: durante i movimenti, alcuni tenevano l’arma verso una direzione sicura, altri verso il parapalle, esattamente dove però un componente del team dava copertura. bQuindi poniamoci spesso la domanda: ho davvero le idee chiare su cosa mi hanno insegnato? Un corso deve mostrare, insegnare o approfondire dei concetti e delle tecniche. Ma non è tutto. Fare un corso ed essere convinti di essere pronti a difenderci sarebbe come fare uno stage di Arti Marziali di alcune ore e concluso quello, fregiarsi della cintura nera. Saremmo credibili? Credo proprio di no. E allora come mai nelle arti marziali con evoluzioni complesse di calci, pugni e leve articolari è improbabile convincersi che in alcune ore di corso non si può diventare cintura nera,  invece con strumenti complessi come le armi da fuoco usate per difenderci, questo semplice ragionamento non funziona e c’è ancora qualcuno convinto che, quel pezzo di carta appeso al muro gli consenta di parlare da cintura nera del tiro? È strana questa cosa, ma è purtroppo reale. Un corso fatto come si dovrebbe, deve darci solide basi e le informazioni necessarie a migliorare le nostre capacità quando andremo ad allenarci. Perché miglioreremo solo se ci alleniamo. E tanto pure!

2. L’istruttore mi ha saputo spiegare “come, dove, quando e perché” usare le tecniche mostrate? La figura fondamentale di ogni corso è l’istruttore che deve avere sempre chiara in mente l’immensa responsabilità che ha. Ma sappiamo capire se ha davvero coscienza che sta preparando delle persone che useranno degli strumenti per difendersi da un’aggressione letale e lo fa professionalmente? La risposta è di fronte a tutti, basta rispondere a queste semplici domande:

a. L’istruttore ha saputo darci più soluzioni allo stesso problema (sopratutto soluzioni credibili)?

b. Gli scenari proposti sono attagliati ai corsisti, sono reali e non sembravamo in un Action Movie?

c. Ha tenuto conto di chi sono i partecipanti e cosa facciamo nella vita?

d. Prende in costante e severa considerazione la normativa italiana?

Se abbiamo risposto in maniera negativa anche solo ad una domanda è la conferma che quell’istruttore non fa bene il proprio lavoro.

Ti eserciti dentro veicoli nello stage di tiro, annuendo saggiamente al tuo istruttore onnisciente che non è mai stato in un’imboscata dentro un veicolo, tesa da un cittadino solitario. Ti stupisce con le tecniche su come slacciare una cintura di sicurezza con una mano e contemporaneamente con l’altra mano spara con una pistola nascosta. Tutto questo viene eseguito in un batter d’occhio mentre abbassa il finestrino laterale con la terza mano e firma un contratto con il “Cirque de Soleil” con il piede sinistro. (Louis Awerbuck 1948 – 2014)

Ma allora chi è l’istruttore adatto ad insegnarmi come difendermi nel mondo vero? Una domanda semplice, quasi banale ma fondamentale, che troverà uno tsunami di risposte. Innanzitutto prendiamo in considerazione gli istruttori con una formazione professionale attendibile e con un background di esperienze attinenti a quanto vorrebbero insegnare. Capiamo se chi ci deve mostrare qualcosa ha voglia di condividere con noi tutto quello che conosce, perché si sono alcuni istruttori, arroganti e presuntuosi, che non desiderano dei tiratori al loro livello e sono riconoscibili perché passano tutto il periodo del corso a sparare, mostrando agli allievi quanto sono bravi dando spiegazioni fugaci e celate da capacità mistiche che giungeranno solo dopo milioni di colpi e tante sedute di allenamento… pagate a loro! Diffidiamo dagli strilloni che si impongono alla maniera del “sergente dei marines”, perché un istruttore non crea terrore ma deve infondere sicurezza, sopratutto quando ci troveremo in difficoltà ad apprendere delle tecniche ed avremo bisogno di essere motivati e incoraggiati. Puntiamo su chi, a prescindere da cosa ci portiamo nella fondina, ci insegna la filosofia: Evita sempre ma se devi, fallo e fallo bene. Addestra pochissime cose, ma fatte bene! Un buon istruttore è colui che saprà insegnarci in modo semplice cose molto difficili, facendo diventare nostre le le tecniche essenziali che riusciremo ad applicare in quasi tutte le situazioni del mondo vero. L’istruttore che sceglieremo farà in modo di ricreare situazioni reali e ci dovrà ricordare che ad affrontare orde di bersagli nel mondo giusto, in un campo di tiro si vince sempre, ma che nel mondo vero a nostra volta potremmo diventare dei bersagli armati. Ecco che allora le cose si complicheranno e sarà necessario unire il tiro al movimento (camminare e correre), alla valutazione dello scenario e della minaccia. Solo per citare degli esempi:

1. Chi, cosa e quante sono le minacce?

2. Ci sono persone estranee a ciò che sta accadendo?

3. Come posso allontanarmi?

4. Ci sono ripari consistenti, inconsistenti o misti?

Insomma, non sarà un buon istruttore se avremo solo sparato senza affrontare fino alla nausea ciò che è realmente elementare e utile. Facciamo altri esempi?

Qualche esempio semplicissimo: il primo è qualcosa che raramente sentiamo nelle linee di tiro da chi sta imparando a difendersi: la dissuasione verbale! Alcuni non sanno neppure cosa sia, eppure è assolutamente fondamentale usare la voce per annunciare, inibire, indirizzare, imporre e abituarci a parlare, ma invece spariamo in silenzio, perché ci alleniamo sempre contro qualcosa e non contro qualcuno che può recepire.

Tuttavia la dissuasione verbale può far desistere una minaccia, ma non la sappiamo usare. Un altro esempio è tecnico, come risolvere gli inceppamenti senza intoppi. Su 200 colpi sparati, si creeranno un numero di inceppamenti sufficienti ad abituare il cervello a considerare un malfunzionamento come qualcosa che fa parte del tiro, e non un evento negativo estemporaneo che potrebbe “stupirci” nel momento meno opportuno. Solo creando costantemente gli inceppamenti insegneremo al sistema nervoso simpatico ad entrare in gioco risolvendoli e permettendoci di continuare l’azione che ci permetterà di far cessare la minaccia. In un corso di tiro difensivo sarà indispensabile affrontare le tematiche fondamentali come l’allontanamento e tutta una serie di valutazioni che se analizzate e sapute gestire, aumenteranno esponenzialmente le nostre probabilità di sopravvivenza.

Hai visto i suoi video? È una domanda ricorrente, ma ricordiamoci che ormai siamo tutti caparbi a montare o emulare i video, tuttavia c’è una realtà più realistica e importante sul tiro difensivo: 6 …faccio quello che chiamo “allenamento basato sulla realtà”.

E dico alla gente: “non dovete essere degli eccellenti tiratori per sopravvivere a uno scontro nel mondo vero. Essere dei buoni tiratori è sufficiente”.

Ciò che la maggior parte delle persone non capisce, ma che spiego ad ogni corso: la consapevolezza della situazione è probabilmente 10 volte più importante delle tue abilità di tiro. L’abilità nel combattimento è fondamentale, ed è per quello che sono lì ad insegnare, ed è per quello che sto prendendo i loro soldi. Ma la realtà è che se pensi che essere solo un buon tiratore risolverà i tuoi problemi del mondo, stai fumando le cose sbagliate! Hai disperatamente bisogno di capire che la consapevolezza situazionale è la cosa più importante che hai, in particolare nel mondo di oggi. (Ken Hackathorn)

Alcuni formatori si filmano e, per fortuna, ignorano che ciò che stanno mostrando non sia svolto nella maniera corretta. È carinissimo vederli intrappolati in qualcosa che non conoscono e che scimmiottano abbastanza male. Ne sono perfette dimostrazioni i video dove si ingaggiano tre bersagli posti sui 180° tirando dallo sportello o dal cristallo dell’auto. I protagonisti sono tecnicamente impeccabili e hanno una velocità di esecuzione invidiabile, scordandosi che nel mondo vero, se hanno dovuto reagire in quella maniera è “…per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa” (art. 52 Codice Penale – Difesa Legittima) quindi gli stanno sparando e in tutta risposta si coprono dietro un riparo inconsistente come uno sportello o un cristallo. Una performance circense che può certamente stupirci nel mondo giusto ma non qualcosa che servirà nel mondo vero, dove un errore così banale li porterebbe a morte certa.

Per citare altri video, in qualcuno promuovono corsi di formazione alla “Scorta e Tutela VIP” e già questo è esilarante, in quanto questa funzione è riconosciuta solo agli appartenenti alle Forze dell’Ordine e alle Forze Armate. Se non bastasse si vedono alcuni istruttori, vestiti “tacticool” e con barbetta da Special Force in rientro da Bala Mourghab che mimano una reazione automatica immediata (R.A.I.) con un vero e proprio assalto utilizzando armi corte e lunghe, combinando errori talmente banali che, chi quel mestiere lo fa davvero, ha commentato con un onesto «Poverini!».

Altri due suggerimenti Il primo è quello di cercare un buon istruttore che ha creatività, si diverte, ha voglia di fare e sa trasmettere questi atteggiamenti anche all’allievo. Sono gli ingredienti essenziali che dovranno essere usati quando ci apprestiamo ad allenarci e che faranno la vera differenza tra un apprendimento pesante e noioso ed uno creativo e divertente, perché solo così otterremo il doppio del risultato con la metà dello sforzo.

Il secondo non è esattamente un suggerimento ma piuttosto un’altra verità che dobbiamo confessarci, nel rispetto dell’onestà intellettuale che ci ha fatto iniziare questo argomento complesso. Dobbiamo considerare che difenderci con un’arma da fuoco non è qualcosa per tutti! È talmente banale e tanto antieconomico che nemmeno lo prendiamo in considerazione e ho sentito pochi Istruttori (forse uno, ma credo di esagerare) regalare qualcosa di immenso per un allievo: la verità di dirgli «non fa per te!». Perché il tiro difensivo, quello operativo, non sono per tutti. Come non lo sono le arti marziali, né gli sport estremi o tante altre cose della vita. Questo non significa che non si deve provare, ma vuole  solo ricordarci che seppur abbiamo fatto corsi di tiro con questo Istruttore e con quell’altro, blasonati, millantatori e tutto il bacino di utenza formativa ormai disponibile, questo ci farà fare delle esperienze, nuove e divertenti, ma la realtà è che non è per tutti!

Ma in Italia come va? Nel panorama italiano del tiro difensivo ci sono realtà altamente formative che dispongono di ottimi istruttori che sanno unire la teoria alla pratica, passando dal force on force. Ma ancora si può dire tutto e far fare tutto, senza un metro di misura e senza una realtà che zittirà alcune fantasie rocambolesche, a favore di un approccio più moderato e formativo. Se nel tiro sportivo non vinciamo, è perché dobbiamo allenarci di più e meglio. Se nelle arti marziali non andiamo avanti è perché dobbiamo migliorare allenandoci di più e meglio, non ci sono scuse. Invece nel tiro difensivo continuiamo a simulare basandoci solo sulla velocità di estrazione e le rose di tiro, contro qualcosa e non contro qualcuno come dovrebbe essere, cosi da permettere ai più fantasiosi di sovrapporre il mondo giusto, al mondo vero!

Cristiano Corona

Cristiano Corona

L’autore: Cristiano Corona, sardo classe 1976, da giovanissimo si arruola nell’Esercito e partecipa con incarichi operativi a numerose missioni nazionali e all’estero in territori ad alto rischio. Presso le Forze Armate ha conseguito le qualifiche di Istruttore Militare di Tiro Sportivo e Istruttore Militare di Tiro Operativo. É autore del manuale best seller “DON’T MISS THE TARGET – Linee guide ed esercizi di tiro difensivo per arma corta” e in collaborazione con M. Fenu di “ARMATI – Teoria, Tecnica e scelta delle attrezzature” disponibili su Lulu.com Attualmente unisce l’insegnamento alla vita operativa in giro per il mondo.

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