I vizi capitali del cane da ferma – Ars Venandi
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I vizi capitali del cane da ferma

Ci accingiamo ad analizzare un altro problema che può essere riscontrato nel lavoro dei nostri cani da ferma. La questione verte su “naso a terra o naso per aria”.

Facendo un raffronto tra il cane da ferma e il cane da seguita, salta immediatamente all’occhio il metodo radicalmente diverso con cui i cani appartenenti alle loro rispettive categorie cercano la selvaggina perseguita. Il segugio, con il naso a terra, cerca le tracce della preda per terra per risalire la passata fino al giaciglio dell’animale. Viceversa il cane da ferma cerca l’emanazione della selvaggina per aria per concludere l’azione con la ferma una volta individuata.

Sovente però alcuni soggetti appartenenti a questa categoria, palesano delle fasi di cerca analoghe a quelle dei cani da seguita. Questa “deviazione” può manifestarsi occasionalmente o essere peculiarità del metodo di cerca del dato soggetto.

Le cosiddette fasi di “dettaglio” sono previste negli standard di lavoro di alcune razze di cani da ferma continentali, ma non devono essere comunque il metodo di cerca.

Potremo assistere a fasi di dettaglio in condizioni climatiche o ambientali particolarmente difficili, per esempio vegetazione particolarmente intricata. Il cane tocca con il naso per terra per sincerarsi di non sbagliare per poi riprendere rapidamente con un lavoro “ortodosso” con il naso per aria a cercare di individuare la preda.

Il rischio primario in cui può incappare un cane che svolge il proprio lavoro di cerca con il naso perennemente per terra è lo sfrullo della selvaggina.

Secondariamente, la conclusione dell’azione per l’individuazione del giaciglio della preda si manifesta più farraginosa poiché invece di infilare diritto l’emanazione per aria, conducendo rapidamente il cacciatore all’animale e concludere con la ferma, assisteremo a un percorso, talvolta articolato, che ricalca quello della preda cacciata.

Nella pratica venatoria con il cane da ferma si tollera, troppo spesso, una commistione tra i due metodi di cerca sopra descritti, con il bene tacito del cacciatore che in nome del carniere tollera un’ azione impropria.

Il cacciatore che si prepara a sparare allorquando il cane da ferma inizia a “fare buono” con il naso a terra e scodinzolando, preludio della messa in volo della selvaggina, non fa altro che insidiare la falsa convinzione che a prescindere dal metodo avverrà l’abbattimento tanto gratificante per il cane, viziando e deformando così la corretta conclusione del punto.

La regola cui non si deve derogare, soprattutto con i cani giovani, è che si deve sparare solo con il cane in ferma. Ovviamente, facile a dirsi ma difficile a farsi, soprattutto con la carestia di animali che in alcune giornate caratterizzano la cacciata.

Le fasi di dettaglio che si protraggono vanno senza remora scoraggiate, invitando fermamente l’ausiliare a riprendere la cerca in modo consono alla sua razza.

Ci sarà chi leggendo queste poche righe si stupirà che venga fatto questo panegirico su un argomento da tutti conosciuto.

Ed in effetti è così. Ma l’unico intento è quello di dire a chi si stupisce del proprio cane che butta tutta la selvaggina per aria di evitare di sparare un’ indebita fucilata a un volatile sfrullato dal loro cane che pista come un segugio e di redarguirlo affinché interrompa l’ignobile azione.

di Pierpaolo Pirisi

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1 Comment

  1. Tore Meloni ha detto:

    Condivido il fatto che bisogna sparare il selvatico quando il cane è in ferma. Non è facile, ma per far capire al cane il proprio lavoro, il premio è, lo sparo del selvatico in ferma.

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